Skip to main content

Lenin sul terrorismo


Arrigo Cervetto (aprile 1978)
Pubblicato per la prima volta su Lotta Comunista, N° 92


«Il Corriere della Sera», nell'editoriale del 9 aprile a firma Alberto Ronchey, scopre che uno dei padri del terrorismo è addirittura Lenin. L'illustre organo della borghesia lombarda non vede il robusto albero genealogico del terrorismo democratico che da quasi due secoli germoglia e cerca la pagliuzza nell'occhio del marxismo.

C'è una differenza e non di poco conto: il marxismo ha cercato di interpretare il terrorismo e non l'ha mai teorizzato come arma suprema della lotta proletaria, la democrazia lo ha sempre teorizzato e quasi mai analizzato.

Non sarebbe difficile raccogliere dai rami italiani dell'albero terroristico democratico un paniere colmo di pigne.

Scrive il «Corriere della Sera» che per Lenin «il suo non era un rifiuto di principio per la semplice ragione che il terrorismo come forma di operazione militare poteva essere utile e talvolta persino essenziale».

Aggiunge che Lenin «giudicava il terrorismo individuale, distinto da quello collettivo, come inadeguato e spesso disastroso perché isolato dalle masse, ma senza il totale rifiuto espresso da Plechanov». Con queste poche righe il quotidiano della borghesia milanese crede di aver regalato Lenin al terrorismo. Il pensiero di Lenin è ben più profondo e dovrebbero meditarlo tutti coloro, opportunisti o sprovveduti che vanno a scuola dagli editoriali ambrosiani.

Lenin, ne «La guerra partigiana» del 1906, fissa un principio e due criteri nell'analisi delle forme di lotta.

Il principio: «Il marxista si pone sul terreno della lotta di classe non su quello della pace sociale. In certi periodi di acuta crisi economica e sociale, la lotta di classe si sviluppa sino a trasformarsi in aperta guerra civile. Ogni sua condanna morale è assolutamente inammissibile per il marxista».

Il principio riguarda la lotta di classe e non le forme di questa lotta. Il marxista sa che in certi periodi di acuta crisi economica e sociale la lotta di classe si sviluppa sino a trasformarsi in aperta guerra civile. Perciò non può condannare le forme che ha preso la lotta di classe senza condannare la lotta di classe stessa, senza cessare di essere marxista. Non è il marxista a determinare le forme della lotta di classe ma lo sviluppo di questa che giunge al punto di trasformare le forme precedenti. Perché la lotta di classe si sviluppa sino a questo punto? Perché la crisi economica e sociale, determinata da condizioni oggettive, è diventata acuta. La condanna morale delle forme della lotta di classe equivale, in definitiva, alla condanna morale delle cause che le hanno provocate, ossia delle cause della crisi economica e sociale. Negare la realtà oggettiva è inammissibile per il marxista. Non è scienza, è pura utopia.

Primo criterio. «A quali fondamentali esigenze deve attenersi ogni marxista nell'esaminare il problema delle forme di lotta? Innanzitutto il marxismo si distingue da tutte le forme primitive di socialismo perché non lega il movimento a una qualsiasi forma di lotta determinata. Esso ne ammette le più diverse forme, e non le «inventa», ma si limita a generalizzarle e a organizzarle, introduce la consapevolezza in quelle forme di lotta delle classi rivoluzionarie che nascono spontaneamente nel corso del movimento. Irriducibilmente ostile a ogni forma astratta, a ogni ricetta dottrinale, il marxismo esige un attento esame della lotta di massa in atto, che, con lo sviluppo del movimento, con l'elevarsi della coscienza delle masse, con l'inasprirsi delle crisi economiche e politiche, suscita sempre nuovi e più svariati metodi di difesa e di attacco. Non rinuncia quindi assolutamente a nessuna forma di lotta e non si limita in nessun caso a quelle possibili ed esistenti solo in un determinato momento, riconoscendo che inevitabilmente, in seguito al modificarsi di una determinata congiuntura sociale, ne sorgono delle nuove, ancora ignote agli uomini politici di un dato periodo».

Il primo criterio, o esigenza, stabilito da Lenin è chiarissimo. Il marxismo deve esaminare attentamente le «forme di lotta di massa delle classi rivoluzionarie», forme nuove ed ignote che sorgono con l'inasprirsi delle crisi economiche e politiche e con l'elevarsi della coscienza delle masse.

Nella Russia del 1906, due erano le classi rivoluzionarie, il proletariato e i contadini. Una delle forme di lotta di massa dei contadini, con influenza nel proletariato, era la guerra partigiana e il terrorismo. I menscevichi, che portavano il proletariato a rimorchio della borghesia liberale, condannavano queste forme di lotta come non proletarie. I bolscevichi, che portavano avanti una strategia di alleanza con i contadini contro lo Stato zarista e contro la borghesia, non potevano, solo per una questione di principio, condannare forme di lotta di massa sorte in quel periodo di acuta crisi economica e sociale.

E' posizione ben diversa dall'accettare per principio o dal respingere per principio il terrorismo come forma di lotta di massa delle classi rivoluzionarie. Il problema del principio neppure si pone. Tanto meno si pone il quesito: Lenin è a favore o contro per principio al terrorismo in astratto, ad una forma di lotta in astratto? Così come non esiste la libertà o la dittatura in astratto, non esiste neppure il terrorismo in astratto. Esistono forme di lotta di massa nella pratica sociale e politica di un determinato momento della lotta delle classi e del rapporto di forza fra le classi. Come tali vanno attentamente studiate e valutate in rapporto alla strategia rivoluzionaria del marxismo.

Secondo criterio: «In secondo luogo, il marxismo esige categoricamente un esame storico del problema delle forme di lotta. Porre questo problema al di fuori della situazione storica concreta significa non capire l'abbiccì del materialismo dialettico. In momenti diversi dell'evoluzione economica, a seconda delle diverse condizioni politiche, culturali-nazionali, sociali, ecc., differenti sono le forme di lotta che si pongono in primo piano divenendo fondamentali, e in relazione a ciò si modificano a loro volta, anche le forme di lotta secondarie, marginali. Tentare di dare una risposta affermativa o negativa alla richiesta di indicare l'idoneità di un certo mezzo di lotta senza esaminare nei particolari la situazione concreta di un determinato movimento in una data fase del suo sviluppo, significa abbandonare completamente il terreno del marxismo».

Anche questo secondo criterio, o esigenza, stabilito da Lenin è chiarissimo. Così come chiaramente il marxismo non rinuncia a nessuna forma di lotta di massa delle classi rivoluzionarie, altrettanto chiaramente definisce la idoneità di ogni mezzo di lotta esaminando la situazione concreta delle classi, la situazione concreta di un determinato movimento in una data fase del suo sviluppo, la situazione storica concreta. L'esame nei particolari della situazione concreta del movimento operaio in una data fase del suo sviluppo, in merito alla idoneità del mezzo di lotta, è in altri termini l'esame della forma di lotta di massa, come sottolinea Lenin. Il criterio per definire la idoneità è quello che valuta il carattere di massa della forma di lotta, e non il carattere individuale o di gruppo ristretto. L'esame di forme di lotta individuali o di gruppo ristretto risponde alla esigenza di analisi politica generale e non alla esigenza di stabilire la idoneità di queste forme. Non è in questione, oggi, il principio delle forme della lotta di classe ma l'atteggiamento, corrispondente agli interessi immediati e storici del proletariato, di fronte ad un determinato episodio politico.

Il terrorismo attuale non è una forma di lotta di massa del proletariato, non è una forma di lotta di massa della piccola borghesia, è solo una forma di lotta di un ristretto gruppo intellettuale.

«Il Corriere della Sera», quando identifica il leninismo, oggi, con il non rifiuto di principio del terrorismo si pone lo scopo di combattere non il terrorismo ma il leninismo.

Si pone lo scopo di impedire al proletariato la riscoperta dell'unica strada di emancipazione teorica, politica ed organizzativa. Perciò tenta, maldestramente per la verità, di identificare leninismo con terrorismo per allontanare il proletariato da Lenin.

Forse sono questioni che non riguardano "Programma Comunista", così poco interessata a rileggere bene Lenin, se si permette di definire "opportunismo vergognoso" la nostra coerente, documentata, decennale analisi critica del terrorismo piccolo borghese.

Sono, invece, questioni che riguardano l'avvenire del proletariato rivoluzionario.

Popular posts from this blog

Leapfrogging: The Chinese Auto Industry’s Leap Forward

Internationalism No. 73, March 2025 Page 15 From the series The world car battle It is predicted that next year in China the sales of electrified vehicles (mainly battery-powered or hybrid) will for the first time overtake those of cars with an internal combustion engine. This development will mark a historic about turn which will put the world's biggest auto market years ahead of its Western rivals [Financial Times, December 26th]. Meanwhile, the growth in sales of electric vehicles in Europe and the United States has slowed. BYD's leap forward Another important development in 2024 was the record sales of Chinese brands in China: they rose from 38% of the total in 2020 to 56%, a sign of the maturation of the national auto industry which is now able to challenge the Japanese, American, and European manufacturers. BYD's leap forward is impressive, comparable to that of Ford Motors after the First World War, when with the Model T, introduc...

Cryptocurrencies, Tariffs, Oil and Spending in Trump’s Executive Orders

Internationalism No. 73, March 2025 Page 8 Douglas Irwin, economist and historian of American trade policy, writes for the Peterson Institute that the tariffs announced by Donald Trump, if implemented, would constitute a “historic event in the annals of US trade policy” and “one of the largest increases in trade taxes in US history. One has to go back almost a century to find tariff increases comparable”. Irwin limits himself to providing us with a historical dimension to the planned duties. But the bewilderment and turmoil created, especially among Washington’s allies, derives from the fact that the tariffs being brandished are accompanied by a hail of presidential decrees and declarations that mark a profound political discontinuity, both in the balance of internal institutional powers and in the balance of power between nations. The watershed was expected, but the speed and vehemence of the White House’s assaults are setting the scene for a change of era i...

The Works of Marx and Engels and the Bolshevik Model

Internationalism Pages 12–13 In the autumn of 1895 Lenin commented on the death of Friedrich Engels: "After his friend Karl Marx (who died in 1883), Engels was the finest scholar and teacher of the modern proletariat in the whole civilised world. […] In their scientific works, Marx and Engels were the first to explain that socialism is not the invention of dreamers, but the final aim and necessary result of the development of the productive forces in modern society. All recorded history hitherto has been a history of class struggle, of the succession of the rule and victory of certain social classes over others. And this will continue until the foundations of class struggle and of class domination – private property and anarchic social production – disappear. The interests of the proletariat demand the destruction of these foundations, and therefore the conscious class struggle of the organised workers must be directed against them. And every class strugg...

The Party and the Unprecedented crisis in the World Order: A Crucial Decade

This first quarter-century has seen an epochal turning point in inter-power relations, triggered by China's very rapid imperialist development. Arrigo Cervetto recognised this process from the very early 1990s: Today history has sped up its pace to an unpredictable extent. [...] Analysis of the sixteenth century, as the century of accelerations and rift in world history, is a model for our Marxist vision ( La mezza guerra nel Golfo [The Half War in the Persian Gulf], January 1991). The course of imperialism was speeding up, and China's very rapid rise was opening up a new strategic phase with the new century. The United States, the leading power in the world, is being challenged by an antagonist with comparable economic strength which, moreover, openly states that it wants to provide itself with a "world class" military force within the next decade. Favoured by the 2008 global crisis and also by the pandemic crisis, China has forged ahead with its rapid rise for ...

European Imperialism and Imperialist Scission

Internationalism No. 50, April 2023 Pages 1-2 The postwar vicissitudes of European imperialism - from the European Coal and Steel Community (ECSC) in 1951 to the Treaty of Rome leading the European Economic Community (EEC) in 1957, and then to the Maastricht Treaty and the European Union in 1992, the euro federation in 1998 and the institutional Treaty of Lisbon in 2007 - provide an exemplary charting of the dialectic of unity and scission of unitary imperialism. The big concentrations of capital, and the powers in their grip, demonstrate the aspect of the unity of the global imperialistic system in its common interest to guarantee the production of surplus value and the conditions for exchange and circulation connected with it, together with the class rule on which it is premised. At the same time, the shares of the world’s social capital and the powers are permanently divided by the scission of the struggle to share out surplus value, markets and sources of ...